IL CATALOGO
Gola e Lussuria
testi | Andrea Calzolari e Maria rosa Torlasco - foto | Enzo Bruno
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C hiunque conosca a sufficienza Mario Fallini, lo sa frugale, sobrio, forse anche casto e, comunque, asceticamente dedito al lavoro: facile prevedere, perciò, che la mostra da lui dedicata alla gola e alla lussuria non possa essere altro che un atto di accusa contro questi peccati capitali. Ed in effetti, non appena si entra, la prima impressione, se si può far passare la memoria dantesca tra le gambe di queste mutande per bagnarla con la saliva che scivola da queste lingue, è che ci si trovi in un girone infernale, in una condizione di pena che non sembra aspirare a redenzione, quasi non se ne sentisse il bisogno. Un ordine nel disordine, per così dire, che, come ordine, è pago di se stesso. Forse anche perché l'intuizione di un ordine altro, buono, in cui questo disordine trovi posto non ci sfiora nemmeno, è troppo alta, ambiziosa, e, in fin dei conti, non ci interessa. La lasciamo ai santi delle età passate: noi siamo minuscoli e pusilli, intenti a osservare il microcosmo in cui si avvinghiano commisti i vizietti del nostro tempo inglorioso. E tuttavia proprio questa commistione costituisce un sottile ma insistente fattore di disorientamento che disturba, per esempio, la non trascurabile suggestione proveniente dalla topografia della mostra, con i due livelli che sembrano significare una gradazione e diversificazione del piacere-vizio. Si potrebbe addirittura pensare alle sedi privilegiate dei due piaceri in questione e ai loro livelli rispettivi, sicché l'itinerario da seguire all'interno dell'esposizione risulterebbe allusivo a un viaggio che risale dalla linea del sesso a quella della bocca, dalla sfera "bassa" del piacere erotico a quella "alta" (non è il caso di chiedersi se sia anche superiore) della gola: insomma, una sorta di viaggio all'interno del Leviatano di Giona (o della balena di Pinocchio), che, non a caso, Fallini ha voluto fosse accompagnato da una singolare colonna sonora, elaborata elettronicamente da Giorgio Annone, nella quale non è difficile riconoscere il suono dei borborigmi addominali prodotti nel corso delle attività fisiologiche tematizzate nella mostra. Ma tale suggestiva chiave di lettura è poi smentita dalle immagini delle lingue disseminate anche a piano terra, nel "luogo" della lussuria, e viceversa dall'allegoria della lussuria collocata al piano superiore, apparentemente riservato alla gola. È vero che la "parentela" tra i due peccati capitali è messa in rilievo anche dalla più pacifica delle tradizioni morali: nella Summa theologica, per es., gola e lussuria sono entrambe prodotte dall'incontinenza, specie di intemperanza relativa soprattutto alla concupiscenza, vale a dire all’ appetitus delectationis sensitivae; la quale concupiscenza, in quanto riferita al senso del tatto, indica nel lessico comune i piaceri venerei, ma definisce anche, sottolinea Tommaso, quelli della gola (non a caso, del resto, dalla lussuria hanno origine turpiloquia, stultiloquia, scurrilia, e ludicra, quattro disordini linguistici affini o identici a tre delle filiae gulae: l’inepta laetitia, la scurrilitas e lo stultiloquium).
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