INTRODUZIONE
Introduzione
Le pagine che seguono raccolgono i testi relativi ad una lezione seminariale tenuta nel febbraio del 2009 presso la School of Architecture & Construction dell’ Università di Greenwich, intitolata “Concettismo and Giulio Camillo’s Theatre of Memory”. In tale occasione sono state per la prima volta rese pubbliche le linee teoriche e tecnologiche di un progetto iniziato quattro anni fa che ha nella trasposizione digitale dell’ architettura concettuale del “Teatro della Memoria” di Giulio Camillo (ca. 1480-1524) la chiave interpretativa di un’inedita teorizzazione critico-artistica. Quest’ultima si struttura intorno al concetto di “visione magica” ovvero una sensibilità in grado di tessere quei sottili fili della memoria che legano oggetti, immagini di oggetti, eventi e persone nel tempo, rivelando i significati inattesi e talvolta sorprendenti che scandiscono un percorso umano ed artistico. Come il teatro di Camillo racchiude una pluralità di emblemi in continua ricombinazione e disposti secondo gerarchie interne, temi e linee temporali, così è forse possibile riscoprire le immagini interiori come emblemi della propria esistenza, in grado di attivare un moto di oscillazione perpetua che in una direzione porta il ricordo ad essere strumento conoscitivo, e nel moto inverso catalizza la creazione di nuova memoria.
Dall’ incontro di una produzione artistica con la tecnologia informatica scaturisce la possibilità inconsueta di rendere visibili le connessioni della memoria attraverso la scomposizione e la riscrittura digitale dell’ apparato iconologico di una produzione artistica per fornire nuove e impreviste combinazioni fra le immagini e i concetti. La ricerca illustrata nella presente lezione seminariale è divenuta così l’ occasione per una riflessione sia sul ruolo crescente delle Information Technologies (IT) nella preservazione e diffusione della cultura, sia sui contributi che le discipline umanistiche potrebbero apportare allo sviluppo della tecnologia stessa al fine di renderla più efficace nello svolgere tali compiti. Un ringraziamento particolare è rivolto alla University of Greenwich - School of Architecture & Construction ed al suo Direttore, Prof. Richard Hayward, per aver cortesemente ospitato la nostra lezione, alla Dott.ssa Teresa Stoppani (Post-Graduate History & Theory Coordinator) che ha promosso l’ evento e a Miss Corine Delage per il suo entusiastico supporto.
MarioFallini, EnricoFerraris
Torino, marzo 2010
IL CONCETTISMO
1 - Il Concettismo come chiave critica
L'intervento di questo pomeriggio intende descrivere i processi che mi hanno condotto a fare del Teatro della Memoria di Giulio Camillo e del Concettismo due elementi fondamentali dell’elaborazione critica della mia produzione artistica. Vedremo come alcuni tratti specifici della mia attività, come l’esteso numero dei lavori, l’indagine del rapporto “parola-immagine” e infine la fisiologia stessa dei miei processi creativi, abbiano trovato in queste due teorizzazioni, rispettivamente di epoca rinascimentale e barocca, le chiavi per una organizzazione critica alternativa della mia produzione. Nella prima parte evidenzieremo pertanto alcuni tratti generali del mio lavoro al fine di meglio introdurre i presupposti dai quali scaturiscono i problemi alla base di questa riflessione. Nella seconda parte definiremo alcuni tratti fondamentali del Concettismo in modo da chiarire le modalità di interazione con i miei lavori. La terza parte infine sarà dedicata al Teatro della Memoria di Giulio Camillo che rappresenta il più compiuto tentativo rinascimentale di dare forma architettonica ad una rete di parole ed immagini. Ciò condurrà all'esito di questa riflessione che si sta concretizzando in un mio nuovo lavoro che materializzerà in un teatro delle mie memorie l'architettura concettuale intorno alla quale organizzare criticamente i miei lavori ed i percorsi umani ed artistici alla base della loro genesi. Se volessimo compiere una generalizzazione si potrebbe descrivere la mia attività artistica come un’ indagine avente per oggetto il misterioso legame che unisce le parole e le immagini del proprio universo artistico e l'intervento catalizzatore della memoria nell'attivare questo processo associativo. La genesi dei miei lavori non può essere descritta come lo sviluppo meditato nel tempo di un’ intuizione, al contrario essa scaturisce in modo inconscio e si configura come un’ istanza interiore, un desiderio, una ricerca che affiora in modo autonomo e che permane fintanto che non giungo ad oggettivarla. Il desiderio si configura metaforicamente come l'insorgenza improvvisa di una “patologia” ignota o di un sogno ricorrente alla quale dare individuazione mediante la formulazione di una “diagnosi” che dia un nome, cioè un titolo, ad un insieme di sintomi, ovvero le mie immagini. Non si tratta di un processo romantico e irrazionale bensì di una tensione dialettica ed inconscia nella quale le parole e le immagini, titoli e forme, si scambiano di volta in volta il ruolo di istanza e di mezzo oggettivante. Talvolta opero da diagnosta, risalendo dalle immagini ai titoli, ovvero dai sintomi alla diagnosi, altre volte da psicanalista procedendo dai titoli alle immagini, ovvero dalla verbalizzazione alle immagini del ricordo, altre volte ancora da spettatore osservando la formazione di una connessione simultanea che porta alla formulazione del titolo di un’ immagine o all'immagine di un titolo. Per legarsi, infatti, parole ed immagini necessitano di una connessione ed è questa il filo che ricompone la realtà e la coscienza in una nuova trama che può ben definirsi una visione magica. Parole ed immagini interiori si legano a parole ed immagini esteriori e collettive in un processo di individuazione che produce connessioni iconologiche sempre nuove basate su un tema, o un ricordo, o un’ associazione di idee, o un gioco di parole, o una descrizione, o più semplicemente sull'umorismo e sull'ironia. Ogni lavoro produce pertanto un emblema ed una connessione ad un luogo della memoria a sua volta raggiunto da altri emblemi. Sul piano formale l'associazione tra le immagini e i titoli si arricchisce infine di una terza variabile, ovvero il materiale, che il più delle volte aiuta a sottolineare il contenuto dell'opera o il suo titolo. I miei lavori condividono dunque una struttura ternaria che, come lettere dell'alfabeto, ad un tempo immagini, suono e inchiostro, hanno validità autonoma e immediata ma al contempo compongono parole in sintassi ed impieghi sempre nuovi. Vediamo qualche esempio.
Saturno [link alla scheda dell'opera] è stato realizzato nel 2004 ed è stato esposto nella mostra “Il passo di Saturno” [link alla scheda della mostra] tenutasi a Ovada nel 2006. L’ opera ci presenta un calligramma, ovvero un’ immagine composta da parole, che per l'appunto è delineato da cifre numeriche progressive terminanti in un lapis posto sulle labbra del dio Saturno/Cronos.
La falce che egli tiene in mano è a sua volta costituita da un calligramma che termina in una lama costruita con caratteri a stampa in piombo. Il titolo “Saturno” rinvia naturalmente alla mitologia classica che fornisce la chiave di lettura dei diversi elementi dell'opera. Il calligramma con la sua sequenza numerica ci ricorda il mito di Saturno, il Tempo, che divora i propri figli ovvero le suddivisioni che ne misurano il trascorrere. I numeri però non superano mai l'uno poiché nel divorare le proprie parti il tempo rinnova se stesso infinitamente ridefinendo i contenuti del passato, del presente e del futuro. In questa circolarità si interpone però un elemento se vogliamo esterno quale il lapis che ha tracciato la linea di Saturno. Il lapis ci ricorda l'inganno con cui Giove, uno dei figli di Saturno, fu salvato dal triste destino dei suoi fratelli mediante la sostituzione del suo corpo con una pietra. Ecco allora porsi al termine del calligramma ed esternamente alla circolarità della linea di Saturno, il lapis che in un gioco di parole tra la sua accezione di “matita” e della sua etimologia latina per “pietra”, segna l'interruzione violenta del tempo circolare e l'instaurarsi dell'era di Giove, delle divinità olimpiche e dell'inizio del tempo degli eroi segnati da una temporalità lineare e potremmo persino dire storica. La falce infine, con i caratteri tipografici in piombo, allude ad un motivo della classicità, che legava gli astri alle parti del mondo ed in particolare ai metalli, come sarà ampiamente rappresentato a partire dall'alchimia di epoca rinascimentale. Dal titolo passiamo dunque all'immagine e alle parole contenute nella descrizione di oggetti e di calligrammi attraverso la tensione che vede dialetticamente contrapposte differenti accezioni del tempo, tematiche edipiche, senso dell'infinito e immagini di una memoria collettiva.
La seconda opera che vi mostro è stata realizzata nel 1982 ed esposta in due diverse mostre a Torino nel 1983 e a Parma nel 1986 e ha per titolo La vedova a quattro piume che fugge con l'impresario scapolo delle pompe funebri [link alla scheda dell'opera].
In questo caso abbiamo quello che potremmo definire un puro calembour, un termine preso in prestito dalla lingua francese che indica un particolare gioco di parole basato sull'omofonia di parole che si scrivono in maniera identica o simile ma hanno significato diverso. Un artificio retorico che ritroveremo fra poco nell'ambito del Concettismo. Il titolo è infatti la soluzione al rebus contenuto nell'immagine, poiché il volatile raffigurato è effettivamente noto con il nome scientifico “Vidua” e quello volgare di “Vedova” mentre l'oggetto tenuto a mezzo di un filo è uno degli scapoli rappresentati nel Grande Vetro di Marcel Duchamp e dai quali la Vergine è innalzata e separata tramite una linea di orizzonte. Dall'immagine tratta dall'ornitologia e da quella prelevata dal Grande Vetro si produce così una terza immagine con un significato proprio che ammicca ad un finale alternativo, rispetto al modello di Duchamp, nel quale la vedova dopo il thanatos ritrova, nella fuga con l'impresario delle pompe funebri, un nuovo eros. E’ così che si consumano, nel titolo e nelle immagini, la citazione del Grande Vetro, il reciproco rincorrersi di amore e morte ed infine una nota ornitologica.
Un terzo esempio è infine Il Milione [link alla scheda della mostra] che ci permette di chiarire le modalità di interazione tra lavori nati anche in epoche diverse ma riuniti in un contesto narrativo ed architettonico che trova nella coincidenza una connessione in ultima analisi magica.
L’allestimento, presso Palazzo S. Giorgio nel 2008 a Genova, era costituito da un lavoro recente intitolato Il Milione, declinato su tre livelli differenti (Rustichello da Pisa, Scene di Viaggio e La Via della Seta), e da altri calligrammi come La carta della memoria, La stampa e Errori di stampa, Le mille e una notte[link alla scheda dell'opera]con il contributo del video Un Concettismo. Il valore emblematico del rapporto parola-immagine si gioca qui sul tema del viaggio, affidato a una memoria proteiforme che ora è ricordo ed immagine nella mente di Marco Polo, poi è suono nel dettato che questi consegna a Rustichello da Pisa nelle carceri di Palazzo San Giorgio a Genova, poi ancora diviene parola scritta nel testo de Il Milione ed infine torna a manifestare le sue immagini mediante calligrammi, nastri di seta e pietre dure che ne descrivono il periglio, riconducendo quella memoria al punto di origine. Il tema della scrittura e, più precisamente, la narrazione di viaggio per immagini e parole, giustifica allora connessioni a lavori nati in epoche e contesti differenti, che condividono e amplificano e articolano il significato de Il Milione in ragione di un nuovo valore che si genera dal loro accostamento. Ecco dunque ritornare l'Oriente e il viaggio del pensiero ne Le mille e una notte, la cui struttura narrativa a scatole cinesi ci ripropone katabasis e anabasis ovvero “discese” seguite da “ritorni” all'origine. L’intreccio letterario diventa tessitura e ricamo di parole che possono definire connessioni anche tra titoli di opere come avviene ne La carta della memoria. L’ immagine della “Memoria” di Cesare Ripa si ridefinisce allora segretamente come memoria individuale di un percorso artistico che nella successione ininterrotta dei titoli delle mie opere prende nuova forma e significato. In questo caso è il tema della parola e della scrittura a codificare una poetica e a giustificare una connessione a posteriori tra lavori che condividono con quel tema tecniche o contenuti. E questo ci conduce alla riflessione alla base del lavoro sul Teatro della Memoria.
Ad oggi la mia produzione annovera più di mille lavori. Se associamo questo dato alla struttura ternaria implicata dalla relazione parola-materialeimmagine ci si può velocemente rendere conto che la moltiplicazione dei temi e i tracciati delle loro reciproche relazioni pongono in essere un ineludibile problema circa l'organizzazione critica di tale produzione. Come abbiamo visto ciascun lavoro rappresenta un pensiero a sé stante che definisce di volta in volta nuove combinazioni di opere, recenti e passate, che in qualche modo finiscono con il comporre discorsi e riflessioni diversi. In tal senso la dimensione iconologica della mia produzione fa sì che i lavori, quasi fossero elementi chimici autonomi, vadano ricombinandosi continuamente dando luogo a nuove strutture i cui legami sono sviluppati nelle tre dimensioni e nel tempo. In tal senso si potrebbe perciò dire che finora ogni mia mostra abbia espresso, nell'individuazione di una relazione tematica comune a più lavori, una forma inconsapevole e ancora particolare di organizzazione critica. Successivamente tale approccio è maturato e si è oggettivato nella ricerca di una formulazione coerente, di un’ architettura concettuale in grado di dare forma a meccanismi associativi che infine riconducano a miei percorsi umani ed artistici personali. Per questa ragione ho esplorato la possibilità di un approccio critico differente che ha trovato una importante chiave di lettura nel Concettismo, una poetica letteraria di epoca barocca fondata su uno sperimentalismo linguistico che ebbe fortuna in tutta Europa con i nomi di Gongorismo in Spagna, Eufuismo in Inghilterra e Preziosismo in Francia. Sul piano teorico, il Concettismo probabilmente nacque nel 1598 col dialogo di Camillo Pellegrino intitolato "Del concetto poetico", cui seguirono i trattati "Delle acutezze" (1639) di Matteo Peregrini e "Il cannocchiale aristotelico" (1654) di Emanuele Tesauro. Il Concettismo è un aspetto del barocco letterario che insiste sul “concetto”, un artificio retorico prodotto dall'intelletto, che si attiva nel sovrapporre, fino a sfumarle le une nelle altre, immagini vere e verosimili con realtà distanti e dissimili, generando somiglianze e analogie inattese, dense di meraviglia, oltre che bizzarre, fino al limite della stravaganza o di un’ irrealtà plausibile. Si tratta di connessioni che implicano artificio, acutezza, gusto del sorprendente e che si avvalgono del procedimento analogico e dell'uso esasperato dell'antitesi e della metafora, considerata dal letterato secentesco Emanuele Tesauro la più acuta di tutte le figure retoriche, quella che “riflessivamente penetra e investiga le più astruse nozioni per accoppiarle”. Il Concettismo attiva così gli aspetti immaginativi del linguaggio, lo impreziosisce e ne esaspera l'artificiosità per ottenere effetti nuovi e sorprendenti in grado di creare la “meraviglia” e di fissarla, in modo arguto e fulmineo, in una sorta di breve e lapidaria sentenza.
Sull'ispirazione di questa poetica ho contemplato pertanto un approccio critico alla mia produzione che potremmo definire “concettista” e che ho codificato in un video presentato nel dicembre del 2004 in occasione del convegno "Con parola brieve e con figura" alla Scuola Normale di Pisa.
IL TEATRO DELLA MEMORIA
2 - Il Teatro di Giulio Camillo: un modello d'archiviazione digitale in cui la memoria diviene contenuto.
Se il Concettismo rappresenta una poetica di formidabile efficacia nella genesi di una organizzazione critica della produzione di Fallini è tuttavia nel Teatro della Memoria di Giulio Camillo che una simile operazione trova la sua più ampia e suggestiva articolazione. Giulio Delminio Camillo fu un umanista e filosofo italiano. Letterato, erudito ed insegnante, si dedicò allo studio della lingua ebraica e delle lingue orientali, della cabala, del pitagorismo e della filosofia neoplatonica. La sua fama è legata al progetto utopistico del Teatro della Sapienza o Teatro della Memoria, un edificio ligneo costruito seguendo i dettami di Vitruvio, in cui avrebbe dovuto essere archiviato, tramite un sistema di associazioni mnemoniche per immagini, tutto lo scibile umano. Camillo espose le sue teorie nel trattato L’Idea del Theatro (pubblicato postumo a Venezia nel 1554) e trovò un sostenitore e mecenate nel sovrano francese Francesco I, sebbene non sia chiaro se tale edificio sia stato poi effettivamente costruito.
Il primo aspetto che si evidenzia nel Teatro di Camillo è che, a differenza di un tradizionale teatro antico, greco o romano, in cui lo spettatore si trova in platea e lo spettacolo si svolge nell'orchestra (al centro dell'emiciclo della platea) e sulla scena (il palco), l'architettura è pensata in modo da porre lo spettatore al centro dell'orchestra facendo del teatro stesso uno spettacolo che gli si dispiega intorno. Da quel punto infatti, si dipartono sette settori corrispondenti ai sette pianeti (Luna, Mercurio, Marte, Giove, Sole, Saturno, Venere), ognuno suddiviso a sua volta in sette gradini contrassegnati ciascuno da una diversa immagine: Primo grado, Convivio, Antro, Gorgoni, Pasifae, Talari, Prometeo. Ciascuna delle quarantanove intersezioni, che così risultano, è modellata da una porta contrassegnata da immagini mnemoniche desunte dalla mitologia, ognuna delle quali ha il compito di rinviare e descrivere una parte dello scibile umano, tramite una dotta rete di connessioni fondata su neoplatonismo, astrologia, alchimia e cabala (tavola 1-2).
Tav. 1 - Planimetria e Studio Prospettico; Tav. 2 - Emblemi menzionati ne "'Idea del Theatro".
immagine ingrandibile
Camillo definisce in tal modo una suddivisione coerente nella quale sistemare secondo processi di associazione simbolica una vastissima bibliografia suddivisa per soggetto. La possibilità di giungere a richiamare le informazioni tramite emblemi collocati all'interno di un'architettura mentale è un procedimento ben noto già alla retorica greca e poi latina e indicata dalla ricerca come mnemotecnica. Camillo spinge più in là gli obiettivi di questo processo interpretandone i processi associativi e le finalità alla luce del neoplatonismo e facendo della conoscenza una illuminazione di carattere mistico raggiunta mediante emblemi magicamente attivati dalla coscienza. E'in tal senso che il teatro diviene un edificio della memoria, rappresentante l’ordine della verità eterna e i diversi stadi della creazione, un'enciclopedia del sapere e l'immagine del cosmo.
Circa un anno fa Fallini ci ha interpellato per avviare uno studio finalizzato alla realizzazione di un database software che permettesse di organizzare e visualizzare le connessioni tematiche dei suoi lavori secondo l'architettura concettuale del Teatro di Camillo. La scelta operata in favore della Lifehouse si basava sulla nostra specifica area di ricerca e sviluppo, focalizzata nella progettazione di applicazioni IT per le scienze umane e nell'introduzione delle metodologie della ricerca umanistica nello sviluppo dell'IT stessa. Il mio compito quest’oggi è pertanto quello di illustrare il case study del progetto Teatro della Memoria, l'attuale stato della ricerca e gli orizzonti di sviluppo. Nelle sue linee originarie il progetto tracciato da Fallini consisteva, come ho accennato, nella realizzazione di un database software il cui scopo fosse quello di produrre continue riorganizzazioni visive dei lavori e nuove reti e nodi di connessione tematica, componendo al contempo una rappresentazione simbolica di processi associativi di natura inconscia personali e, in ultima analisi, collettivi.
Il progetto doveva inoltre dare una risposta alla problematica dell'organizzazione critica della produzione di Fallini, costituendo una mappa degli emblemi i cui sentieri fossero in ridefinizione costante e, per questa ragione, un'opera aperta più vicina a rappresentare, come Camillo definiva il proprio Teatro, un'“anima artificiale”. La nostra analisi del problema è proceduta affidando alle scienze storiche e letterarie il compito di filtrare dalle fonti gli elementi funzionali del teatro di Camillo che saranno riorganizzati per sviluppare gli strumenti IT.
Naturalmente il punto di partenza è stato il testo de L’Idea del Theatro, dal quale abbiamo estrapolato la divisione in gradi e settori del teatro per derivare una griglia concettuale con cui descrivere i lavori di Fallini come insieme gerarchizzato di temi e, conseguentemente, per determinare le regole che il software dovrà applicare nel produrre le associazioni tra essi. Lo studio delle fonti ha evidenziato tuttavia che sarebbe riduttivo e inefficace limitarsi a “sganciare”, per così dire, il sistema delle categorie di Camillo dall'architettura del Teatro, dal momento che diversi elementi strutturali come ad esempio l'orchestra, la cavea o ancora le separazioni tra i settori non sono sovrastrutture estetiche ma risultano funzionali alla meccanica concettuale del teatro stesso. Ancora più a monte si collocano inoltre i sistemi di pensiero quali neo-platonismo, astrologia, cabala, alchimia e retorica che, come insiemi coerenti in interazione tra loro, strutturano in modo immateriale l'anima su cui poggia l'edificio. Il Teatro esiste ed è magicamente attivo solo fintanto che le connessioni tra le sue varie parti restano reciprocamente coese e rinnovate.
La conclusione della nostra analisi preliminare ci ha portato pertanto a rivedere la metodologia nella strutturazione del software, passando da un'impostazione delle connessioni dei dati originariamente orizzontale e letteraria ad una necessariamente trasversale e multidisciplinare. Affinché il Teatro di Fallini non si riducesse infatti ad una operazione esclusivamente estetica occorreva ricreare attraverso il software non solo lo spazio architettonico visibile, quale quello che si materializza nelle righe de “L’Idea del Teatro,” ma anche quello invisibile che si genera dalla trama delle influenze culturali che compongono la bibliografia iconografica e testuale di Camillo. Il primo livello individua in immagini e parole un flusso di temi, fatto di altre immagini e parole, contenuti nel secondo livello, riproducendo una dinamica iconologica che si specchia con l'esperienza vissuta da Fallini nel processo creativo. Si capisce bene perché allora si sia voluto mantenere questa dialettica sia nella progettazione del filtro che ci permetterà di definire, mediante un'analisi condotta insieme a Fallini, gli insiemi tematici delle sue opere, sia nello sviluppo del software che dovrà amministrarne e rappresentarne poi le reciproche connessioni.
Quest’ultimo verrà visualizzato tramite un “teatro virtuale”, ovvero un sistema di schermi inserito a sua volta all'interno di uno spazio architettonico che Fallini ha voluto fosse la ricostruzione stessa del Teatro di Camillo dal vero. Due edifici della memoria, dunque, legati dal flusso ininterrotto di immagini e parole visibili mediante connessioni invisibili, un'anima artificiale di cui le memorie di Fallini diventano anello di congiunzione e chiave interpretativa.
Vista la specifica occasione di oggi abbiamo creduto utile presentare pertanto le prime immagini relative alla ricostruzione del Teatro di Giulio Camillo.
Le informazioni che ci permettono di tratteggiare l'immagine del Teatro sono pochissime: l'opera postuma L’Idea del Theatro scritta sotto dettatura da Girolamo Muzio è la nostra fonte principale per quanto concerne l'architettura concettuale e la giustificazione teorica del teatro. Ad essa si aggiunge poi l'epistola di Viglio Zwichem ad Erasmo da Rotterdam che, se pure non aggiunge molto alle informazioni già contenute ne L’Idea del Teatro, costituisce l'unica testimonianza oculare del teatro o più probabilmente, date le dimensioni ridotte, del suo modello ligneo.
La situazione delle fonti, allo stato attuale, ci permette dunque di avere un'idea d’insieme circa gli elementi compositivi più caratteristici del Teatro e la loro reciproca funzione e posizione. Sul piano estetico e strutturale non abbiamo invece informazioni precise e questo rende un'edizione critica del Teatro di Camillo un'ipotesi di ricerca suggestiva che certo compete più agli storici dell'architettura, esulando invece dagli obiettivi di questa fase del progetto. Fallini è infatti interessato ad una “trascrizione” e non, qualora fosse anche possibile, ad una “copia fedele” del teatro che irreggimenterebbe in un'operazione filologica le finalità allegoriche e le nuove connessioni da lui ricercate. Sul piano metodologico abbiamo pertanto scelto di modellare l'immagine più vicina a quella che Camillo aveva del suo Teatro così come fissata nel testo dettato a Muzio, colmando come vedremo le lacune più importanti con scelte considerate dalla ricerca lectiones faciliores.
Quando Camillo parla di “teatro” quale modello ha in mente?Probabilmente il modello offerto dal De Architectura di Vitruvio, sopravvissuto grazie ad un'unica copia, priva delle illustrazioni, proveniente dalle isole britanniche e portata da Alcuino alla corte di Carlo Magno nel X sec. Copie del De Architectura circolavano dunque durante il Medioevo ma sembrano non aver ricevuto che scarsa attenzione. Il lavoro di Vitruvio fu pertanto “riscoperto” intorno al 1414 dall'umanista fiorentino Poggio Bracciolini, che trovò una copia del testo nell'abbazia di San Gallo, in Svizzera. La prima edizione fu pubblicata da Frate Giovanni Sulpicio nel 1486. Fra Giovanni Giocondo ne produsse una versione illustrata nel 1511 e traduzioni in volgare furono messe in circolazione a partire almeno dal 1520. All’epoca di Camillo, dunque, Vitruvio era una fonte nota ed estremamente importante presso le élite intellettuali.
Una volta identificata la fonte più verosimile per lo studio planimetrico del teatro, abbiamo determinato anche i limiti nel suo utilizzo, integrando con la fonte latina solo le parti del teatro a cui Camillo fa esplicito riferimento, come la descrizione delle regole per la costruzione planimetrica di un teatro romano, vista l'importanza che nel Teatro della Memoria assumono forma e divisione della cavea. Sulla base di queste considerazioni abbiamo pertanto delineato una bozza preliminare del Teatro che è stata successivamente sviluppata e resa sul piano planimetrico dall'architetto Roberta Buso, alla quale si deve anche lo studio prospettico per ottenere l'effetto di visione simultanea delle icone, cui Camillo pare alludere. Il prototipo del teatro così sviluppato è stato infine tradotto in un modellino in legno realizzato dal maestro Giovanni Avalle (Falegnameria Artigiana di Avalle e Cattarin) e in un rendering realizzato da Giorgio Annone (LineLab Multimedia) che ha prodotto anche l'animazione video che passo immediatamente a presentarvi.
In sintesi Vitruvio indica per la determinazione della forma di un teatro un procedimento che deriva gli assi delle scalinate che separano i settori del teatro mediante l’inscrizione di 4 triangoli equilateri entro la circonferenza dell’orchestra. E'interessante osservare che tale procedimento sia anche quello usato dagli astrologi per delineare i dodici segni zodiacali entro il cerchio dell'eclittica e che Vitruvio faccia esplicito riferimento alla teoria già astrologica degli armonici nella descrizione dei principi che devono regolare l’acustica del teatro.
Partendo da questo modello abbiamo disegnato il nostro prototipo nel quale l'area degli scalini di Vitruvio ospita le porte, qui per ora nella forma di pannelli pieni, che recano gli emblemi di cui ci parla Camillo. Le porte si trovano a una distanza costante su livelli crescenti e di fronte a ciascun settore, sull’asse dei triangoli corrispondenti, sono posizionate le colonne.
La struttura al centro dell’orchestra non fa parte del teatro di Camillo. Si tratta di una integrazione funzionale e non “architettonica” che serve a poter fruire la specifica prospettiva che abbiamo progettato per poter cogliere in un solo sguardo l'insieme delle icone.
Vediamo ora una panoramica 3D del teatro per chiarire la teoria che mostra ciò che si potrebbe vedere dal podio. Naturalmente ora le immagini non sono ancora presenti perché riteniamo debba essere svolto uno studio preliminare per decidere quali immagini saranno più pertinenti fornendo giustificazioni storiche ed iconografiche. Si tratta di uno studio affascinante confortato dalla disponibilità della professoressa Lina Bolzoni della Scuola Normale Superiore di Pisa a fornire il proprio sostegno nell'operazione, quando questa verrà avviata.
Abbiamo adottato ora come esempio la Giunone, affrescata dal Correggio nella camera di San Paolo a Parma, che ci mostra il tema iconografico descritto da Camillo stesso come emblema del terzo gradino, chiamato l'antro, del settore dedicato a Giove.
Sia L’Idea del Theatro sia l'epistola di Viglio, autorizzano a credere che il teatro presentasse dei cassetti, reali o ideali, che in corrispondenza di ciascun emblema dovevano contenere i testi su settori del sapere attinenti ai temi evocati dalle immagini stesse. Quali testi facessero parte della bibliografia di Camillo è un secondo aspetto della ricerca evocata poc’anzi.
Infine vediamo il teatro virtuale in posizione speculare al Teatro di Camillo. Esso è costituito da 7 pannelli LCD e su di essi si alternano le immagini dei lavori di Fallini secondo le riorganizzazioni tematiche gestite dal software. Tramite esso si svolge dunque un secondo livello della dialettica Patologia-Diagnosi nelle forme dell'ars combinatoria. La percezione dello spettatore si muove dal Teatro di Camillo con le sue suddivisioni e i suoi cassetti all'ars combinatoria attualizzata nel teatro virtuale e viceversa, in una trasmigrazione continua tra “anime artificiali”.
Occorre infine fare due osservazioni a conclusione del mio intervento.
La prima è una precisazione in merito al livello dell'analisi che sarà condotta su quella che abbiamo definito “bibliografia di Camillo”. Essa, come d’altra parte già il solo testo de L’Idea del Theatro, costituisce un terreno di studio estremamente vasto, difficoltoso e multidisciplinare, che ha occupato la ricerca accademica per decenni ed è tuttora argomento di numerosi dibattiti e studi. Al contrario le specifiche esigenze del progetto di Fallini e, conseguentemente, la necessaria riduzione in parametri di dati complessi per la configurazione del filtro iconologico e del software, richiedono di approcciare questo studio per linee agili e sintetiche. Queste dunque, se da un lato non hanno certo la pretesa di rappresentare nella sua interezza lo stato della ricerca su questi argomenti, tuttavia possono in un certo senso rappresentarne un primo tentativo di indicizzazione. Il Teatro di Fallini si pone allora alla nostra attenzione come un paradigma al confine tra arte, storia della cultura e orizzonti di sviluppo tecnologico. In ragione di questa specifica caratteristica stiamo sviluppando una gemmazione dal progetto originario cui teniamo molto perché in essa si prefigurano gran parte delle finalità per cui la Lifehouse si è costituita.
Il concept della Lifehouse nasce infatti da una riflessione operata in seno alle scienze umane sull'importanza che queste possono svolgere nell'arricchire e fornire stimoli allo sviluppo delle tecnologie dell'informazione e su come queste a loro volta possano favorire la ricerca accademica, la condivisione dei suoi risultati e il trasferimento di informazioni altamente strutturate in web contents di facile accesso alla community. Il progetto affidatoci da Fallini, ed in particolare lo sviluppo del teatro virtuale, è perciò anche uno stupefacente laboratorio per la sperimentazione e lo sviluppo di esperienze e tecnologie su queste tematiche.
E'per questa ragione che, in uno step che seguirà il Teatro della Memoria di Fallini, intendiamo proseguire e ampliare la ricerca sul Teatro di Camillo, evolvendo il complesso di esperienze sviluppate per la struttura software del teatro virtuale in una piattaforma di ricerca internazionale web-based nella quale trasferire ed organizzare i materiali testuali e visivi della ricerca storica, artistica, filologica, architettonica sul Teatro della Memoria di Giulio Camillo e più in generale sui temi della memoria culturale e della riflessione iconologica.
Ciò a cui stiamo pensando non è un database nel senso per così dire illuministico ed enciclopedico che oggi è di moda, ma uno spazio di lavoro di nuova concezione che possa riunire e servire la comunità scientifica allo scopo di tracciare non solo nuove possibilità per la ricerca in questi ambiti ma anche e soprattutto introdurre per la prima volta nello sviluppo di una tecnologia la definizione funzionale di memoria come contenuto e non come semplice contenitore.
CONCLUSIONI
Conclusioni
Desidero aggiungere ancora poche parole a conclusione di questa conferenza, parlandovi di un discepolo di Camillo il cui nome era Alessandro Citolini. È accusato da molti eruditi di aver copiato il Teatro di Camillo nel suo lavoro intitolato Tipocosmia, pubblicato nel 1561. Anche se questo fosse il caso, la Tipocosmia forse riprese di Camillo la classificazione enciclopedica dei soggetti e dei temi, ma non gli emblemi. Inoltre l’ opera del Citolini ha due differenze importanti rispetto al Teatro di Camillo: in primo luogo l’ assenza delle immagini e della loro funzione magica, in secondo luogo lo scopo del libro, inteso come utile strumento per la creazione di architetture della memoria limitate alla personale sfera di interessi: come sintetizzato dalla Bolzoni citando Citolini, è infatti più efficace controllare ogni spazio di una casa che non la natura, ricca ma inaffidabile. Il mio teatro, speculare al teatro ligneo di Camillo, ma più vicino ai contenuti del Citolini è costituito da sette schermi che proiettano le immagini dei miei lavori o alcuni loro particolari nello stesso modo in cui si assumono le lettere dell’ alfabeto per comporre le parole. Allora nasceranno nuove figure e nuove composizioni derivate dalle figure già date. Attraverso i monitor può così delinearsi altra memoria a venire.