L'opera è interamente basata sull'idea dell'ambiguità, quindi analizzabile attraverso molteplici livelli di lettura. Da un lato essa allude alla sfuggevolezza di Mercurio, dio inafferrabile, abilmente duplice protettore dei mercanti come dei ladri, dall'altro è riconducibile al procedimento alchemico che prevedeva la trasformazione del mercurio da sostanza aerea a solida, al fine di ottenere una materia preziosa dalle sostanze vili: l'oro. Metaforicamente esso implica anche l'idea del lapis philosophorum la pietra filosofale o oro filosofale che è la sostanza catalizzatrice simbolo dell'alchimia in grado di mutare la materia e risanarla. Il titolo stesso sottolinea l'idea dell'ambiguità: la fissazione è implicita nella presenza dell'occhio che osserva insistentemente gli astanti e dei piedi mozzi del dio attraverso i quali si esplicita la sostanza volatile allusa dal taglio dei piedi, (elemento volatile in via di trasmutazione) Mercurio offre sostanza aerea che con il taglio si trasforma in sostanza fissa. L'incorreggibilità è ironicamente allusa dalla presenza di una scarpa correttiva appesa sul paravento. L'opera è stata realizzata in quattro versioni nelle quali i materiali sono significativi: la prima versione è in pirografia, (tecnica evocativa del fuoco alchemico), la seconda è in glitter, materiale attraverso il quale la figura cambia colore ed è cangiante, la terza con una tecnica fotografica (gomma bicromatata) e la quarta con stessa matrice (lastra incisa a secco, senza inchiostratura e quindi bianca con una spugnata di tempera blu sui piedi di Mercurio). La scarpa correttiva, riveduta come elemento irreale, diventa molteplice citazione: da catalogo per corrispondenza fine ottocento a Magritte ma ancor prima, riferimento all'impossibilità di correzione dei piedi, che, nonostante il tentativo, risultano irrimediabilmente incorreggibili.
Camilla Bertolino |
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