Mida re di Frigia, figlio adottivo di Gordio e Cibele. Ovidio lo descrive nelle "Metamorfosi" come colui che, grazie a un dono offertogli da Dioniso, aveva la capacità di trasformare in metallo prezioso qualsiasi cosa toccasse, di qui il proverbiale "oro di Mida". Il marchio compare impresso a fuoco nella parte bassa dell'opera di Fallini, esso contrasta su un fondo piatto e interamente dorato. Il lavoro, esposto in una collettiva alla Sala d'Arte Comunale di Alessandria nel 1976, è una presa di posizione polemica nei confronti della mercificazione artistica, il tutto reso col consueto tono beffardo e canzonatorio. L'opera sembra trasporre letteralmente il desiderio di far diventare un quadro (appare non a caso anche la cornice), un "pezzo d'oro". Viene alla mente un passo di "I cosmi e il metodo" (1994) di Luciano Nanni, il quale nell'ambito della questione estetica della funzione contro la struttura nell'opera d'arte, racconta un aneddoto: un cappello viene dimenticato su una panca di un museo e, quando visto da un gallerista, esso è scambiato per un pezzo in esposizione. Anche un gallerista o un collezionista possono dunque rivelarsi dei re Mida...?!
Camilla Bertolino |
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