In Paradiso Perduto ritroviamo insolitamente accostate due immagini che potrebbero appartenere alle nostre memorie infantili: un angelo bambino, a prima vista in volo, che si scopre essere in verità aggrappato ad un'astronave mediante una fune. L'originalità dell'accostamento è superato solo dalla sua delicata dialettica: il Paradiso, cui allude l'immagine dell'angelo, è infatti qui inteso come luogo di un tempo sospeso e fermo - forse persino come proiezione di uno stato interiore e cristallizzato - che viene paradossalmente trascinato e smosso dallo sperimentalismo scientifico e dalla velocità contemporanea che si materializzano nell'immagine attuale e dissacrante dell'astronave. Le ali dell'angelo così come quelle dell'astronave, sono qui rivisti allora come equiparabili strumenti di un volo del nostro pensiero che, evocando Icaro, gli angeli e il dramma cosmico miltoniano, è proteso a sfidare lo stereotipo e le tradizioni ma è al contempo impegnato a scrivere le pagine di un grande e inafferrabile racconto del cielo, continuamente inseguito e perduto.
Camilla Bertolino |
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