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- clavis -
La Poltrona Vedova
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“Il mio studio è la continuazione della mia testa. Anche come forma le somiglia perfettamente. Una cassa cranica, dentro una cassa cranica più grande.
Con troppa indifferenza, con troppa ignoranza noi abbiamo considerato finora queste continuazioni di noi stessi: le stanze nelle quali noi abitiamo, i mobili tra i quali e “con” i quali noi viviamo.
Mio padre morì, ma la poltrona nella quale egli sempre stanco sedeva e che aveva fatto corpo con lui continuò a vivere in mezzo a noi, simile a una vedova, simile alla metà di un centauro. E nessuno di noi sedette mai su quella poltrona vuota ormai di lui: non per quel disciplinato, quel consapevole rispetto che io propongo qui, ma come selvaggi tenuti a bada da un inaccostabile tabù.
Io morrò, ma parte di me sopravviverà dentro questo cubo di cemento e ferro, gonfio di lato da un semicerchio vetrato, dentro il quale io mi sto al modo di un oggetto nel suo astuccio: e sarà il guscio della noce dopo che il gheriglio s’è disciolto nella marcedine, sarà il carapace della tartaruga dopo che la carne si è consunta nella putrefazione.“
[Alberto Savinio - "Autunno", Corriere d'informazione, 1948 in: Alberto Savinio - Opere. Scritti Dispersi tra guerra e dopoguerra (1943-1952), Mi, 1989]
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